Solo un mese fa, il 3 settembre, a Torino ha aperto i battenti la prima casa chiusa italiana popolata esclusivamente da bambole erotiche.

È durata poco, pochi giorni ed è stata chiusa su ordine dell’ufficio igiene dell’Asl del capoluogo piemontese, intervenuto insieme alla Polizia Municipale con un blitz a sorpresa: a quanto pare le bambole non facevano la doccia come si deve dopo aver intrattenuto i clienti. Ma non solo: essendo le case chiuse vietate in Italia dal lontano 1958, è stato contestato pure il reato di attività abusiva di affittacamere. La denuncia è quindi scattata in seguito alla omessa comunicazione, in forma telematica all’Autorità di Pubblica Sicurezza, dei nominativi dei clienti frequentatori del locale, come invece avviene per le strutture ricettive come hotel e motel (se ve lo state chiedendo: sì, pure quelli a ore. Insomma in Questura lo sanno se avete un amante. E sanno pure quanto spesso e quanto a lungo vi intrattenete con lei/lui).

La struttura era partita con il botto, come si dice, facendo registrare il tutto riservato per i mesi successivi, ma i clienti hanno dovuto arrendersi all’evidenza: niente sesso con le bambole in Italia, la prostituzione in casa è vietata. Tocca metterle in strada insomma…

La cosa che a noi in Italia pare sorprendentemente nuova è in realtà una pratica già sperimentata con successo in altri stati europei, a partire dalla Germania. Siamo a Dortmund, in Renania, amena, si fa per dire, località tedesca a metà strada tra Colonia e i Paesi Bassi, un luogo dal clima abbordabile per 4 mesi all’anno per intenderci, e per i restanti spazzato da un vento gelido, reso più intrigante da piogge pressoché costanti. Quasi come Torino insomma. Qui, un paio di anni fa, ha aperto Bordoll, una casa di appuntamenti, come suggerisce il nome, per dolls, ossia bambole umanoidi piuttosto maiale. L’idea è di Evelyn Schwarz, fondatrice e proprietaria, che ha introdotto le bambole nel 2017, ispirandosi a quanto visto in Giappone, dove le bambole erotiche da compagnia non sono una novità.

I modelli utilizzati sia a Dortmund, sia a Torino non sono prodotti in Giappone, dove l’idea è originariamente nata e dove le tecniche di fabbricazione hanno raggiunto il loro massimo sviluppo, ma nella ben più economica Repubblica Popolare Cinese per conto della Lumidolls, che ha sede in Spagna. La società in questione, prima di tentare la fortuna nella severa Torino, aveva già aperto due bordelli sintetici a Barcellona e a Mosca, riscuotendo un notevole successo di pubblico. Le bambole prodotte e utilizzate hanno dei prezzi contenuti, variabili tra gli 800 e i 2.000 euro, ma nonostante questo sono completamente realistiche, sia nel movimento delle loro articolazioni che al tatto, grazie al fatto di essere state realizzate in TPE (che bello che sapete che cosa sia questo materiale e non ve lo devo stare a rispiegare… Per i distratti, agevolo link al pezzo).

Fra tutto ciò che di pneumatico esiste, la più richiesta rimane la “bambola gonfiabile”. Essa, a differenza di quelle normali con cui giocano le bambine da piccole, viene utilizzata dai bambini da grandi. Pur trattandosi di un surrogato della donna, la bambola gonfiabile può procurare sensazioni fantastiche a chi la utilizza. Ad esempio, provate a levare il tappo durante il rapporto: si parte come in uno Shuttle per la stanza! C’è a chi piace.
(Giobbe Covatta, Sesso? Fai da te!, 1996)
CREDITS: immagine tratta dal sito https://lumidolls.com/

Abbiamo parlato con Evelyn Schwarz per capire cosa motiva una persona a recarsi in una casa chiusa di questa natura: «È esattamente come quando una donna tira fuori un dildo dal cassetto, per darsi piacere la sera» dice. E continua elencando i vantaggi di questi sex toy in forma umana rispetto a una donna vera: «Non sentono nulla, sono sempre belle, non si ammalano, non si lamentano». E, cosa più importante, con loro i clienti possono dar sfogo a ogni fantasia. Prosegue Evelyn, riportando le parole di un cliente, evidentemente soddisfatto: «Quando fai sesso, normalmente devi considerare l’altra persona, mentre a una bambola non devi mai chiedere se le è piaciuto. Posso pensare solo alle mie esigenze».

Qualche coppia, molti uomini, qualcuno viene solo per provare la novità, ma la maggior parte sono habitué, che apprezzano la possibilità di non dover parlare con i loro oggetti sessuali e con loro dover contrattare i servizi e le rispettive tariffe.

Le critiche e i timori

Per ora le bambole impiegate sono molto poco ciarliere. O meglio, sostanzialmente mute. Ma, a quanto pare, la cosa non disturba particolarmente coloro che usufruiscono del servizio, anzi. L’ubbidiente silenzio di queste bambole permette loro di sentirsene veramente i padroni.

In realtà, soprattutto in Giappone dove queste bambole sono assurte al ruolo di compagne di vita a tutti gli effetti, la ricerca sull’intelligenza artificiale si sta spingendo molto avanti, nel tentativo di rendere questi oggetti sempre più realistici e interattivi. I ricercatori asiatici lavorano ormai da due decenni alla realizzazione di umanoidi, che possano supplire gli esseri umani in tutto e per tutto e non solamente per gli aspetti sessuali.

Se siete curiosi di avere una anticipazione del futuro, vi faccio vedere che avviene in Giappone, dove le bambole umanoidi sono state sdoganate quasi del tutto nella morale delle persone, diventando a tutti gli effetti delle vere e proprie dame di compagnia per vecchi porci. Guardate qui:

Così, se in Europa ci accontentiamo delle bambole iper-realistiche della Lumidoll o di aziende analoghe, in Giappone attualmente sono in fase di studio e potenziamento i robot per il sesso dotati di intelligenza artificiale. Ma non è da escludere che prima o poi lo stesso cambio di mentalità avverrà anche in Europa.

È contro questa ipotesi che dal 2015 si impegna attivamente l’associazione CASR (Campaign Against Sex Robots) e in particolare Kathleen Richardson, ricercatrice senior nell’etica della robotica presso la De Montfort University, che è la promotrice della campagna contro i robot sessuali.

«Voglio che le persone smettano di pensare alla parola ‘robot’ e pensino alla parola ‘proprietà: ciò che siamo incoraggiati a fare è avere relazioni con la proprietà», ha sostenuto la Richardson al programma Lateline della ABC.

Sostiene che non solo i robot sessuali “disumanizzano e isolano”, ma sono anche intrinsecamente sessisti: «Viviamo in un mondo che considera le donne come proprietà. L’idea di creare proprietà che sembrano donne e quindi incoraggiare le persone ad avere lo stesso tipo di relazioni è sbagliata e controproducente».

E prosegue: «Se dovessimo creare un robot che assomigliasse a uno schiavo del XVIII secolo, ci sarebbe l’orrore. Ma possiamo ridurre le donne a queste immagini sovra-sessualizzate nella pornografia e nella prostituzione e nessuno alza un sopracciglio per protestare o indignarsi. La ragione? La gente pensa ancora che sia socialmente accettabile vedere le donne come nient’altro che un oggetto sessuale».

 

Terapia o devianza?

Il dibattito è ormai aperto: da più parti si alzano voci fuori dal coro, voci preoccupate di come possa evolversi la materia in termini etici: in un futuro non troppo lontano, gli androidi in piedi e parlanti assumeranno a pieno titolo i compiti umili nella casa, agiranno come compagni e si adegueranno alle nostre fantasie sessuali.

Da un lato c’è chi ritiene che le argomentazioni avanzate dal gruppo CASR siano di mentalità ristretta: «Questa visione del lavoro sessuale è in realtà una prospettiva molto ristretta su tutto il campo, e anche questa enfasi che sta oggettivando le donne». E continuano argomentando: «Abbiamo visto in che modo la realtà virtuale possa venir utilizzata per trattare problemi come l’ansia sociale: questo potrebbe avere benefici terapeutici sorprendentemente buoni». Suggeriscono inoltre di usare queste bambole per il trattamento di devianze sessuali che prevedono azioni violente e pedofile. Vengono cioè utilizzate per permettere ai malati psichici di sfogare le loro devianze o per verificare, in una fase avanzata della cura, se i reati sessuali sono suscettibili di recidiva una volta messi in un ambiente virtuale.

Chi invece condivide i timori della dott.ssa Richardson è preoccupato che i robot sessuali consentano alle persone di giocare e prendere confidenza con fantasie oscure e inquietanti, solitamente immorali e illegali, rendendo poi più semplice replicarle nella vita reale. In questo senso, la Richardson pone una domanda interessante: «Perché [queste bambole, NdA] hanno sempre e solo la forma di femmine o bambini piccoli? (e non di maschi umani?). La terribile risposta implicita è che nella mente dell’utente stanno dando loro l’esperienza di stuprare un bambino, di fare sesso con una donna».

La normativa nazionale che regolamenta la vendita e il possesso di queste bambole si sta sviluppando ed articolando proprio in questi anni, quindi è molto interessante seguirne l’evoluzione, preoccupandoci che vada nella gusta direzione di tutela. Il primo passo in assoluto è stato compiuto in Australia dove, dal 2016 è vietato possedere bambole sessuali con sembianze di bambini è considerato un atto pedopornografico e come tale, vietato. Nessuna norma invece è mai stata ad oggi introdotta o pensata circa le modalità di uso delle bambole con fattezze di donna.

Voi che ne pensate?

Comprereste mai una bambola così? E come reagireste se qualcuno di vostra conoscenza ne facesse uso?

Scriveteci e fateci sapere le vostre opinioni!