Con intersessualità o DSD (“disorders of sex development”) si indica una molteplicità e varietà di condizioni in cui si trova chi nasce con cromosomi sessuali, e/o un apparato riproduttivo, e/o caratteri sessuali secondari che variano rispetto alle definizioni tradizionali di ciò che è considerato femminile e maschile. Spesso l’intersessualità non è evidente alla nascita ma si palesa durante la pubertà o può essere scoperta in età adulta. Ancora oggi in numerosi paesi l’intersessualità dei neonati e dei bambini viene trattata come una “emergenza psicosociale” che spinge medici e genitori all’assegnazione di un sesso e genere (secondo la dicotomia femmina/maschio) da effettuarsi il prima possibile, seguìta dalla somministrazione di ormoni fin dall’infanzia e, talora, da ripetuti interventi chirurgici per “normalizzare” i genitali e le caratteristiche sessuali primarie e secondarie. Dalla metà degli anni Novanta, grazie ai nascenti movimenti intersessuali internazionali così come ad alcune intellettuali femministe, ricercatori/rici e medici, i protocolli dominanti di gestione dell’intersessualità sono stati messi in discussione in vista di protocolli più attenti ai bisogni della persona, prendendo in considerazione l’autodeterminazione dell’individuo e la complessità della formazione dell’identità sessuale e di genere della persona.